Il disordine globale e la fragile casa europea

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Il Sole 24 ORE ESTERI

Ll 2024 si chiude nel disordine internazionale. Sono in corso 56 conflitti armati nel mondo. Due guerre (Ucraina e Medio Oriente) hanno assunto le caratteristiche di “guerre totali” (come ha spiegato Mara Karlin della Johns Hopkins University sull’ultimo numero di Foreign Affairs), in cui migliaia di persone della società civile muoiono ogni giorno per l’azione militare del terrorismo privato (di Hamas, Hezbollah, Houthi) e del terrorismo di stato (della Russia di Putin e di Israele di Netanyahu). (Il Sole 24 ORE)

Se ne è parlato anche su altre testate

Il 2025 in Europa si apre con l'attesa di un ritorno a una visione strategica che, dopo essere aver riconquistato centralità nei dibattiti, si trasformi in misure concrete su (Secolo d'Italia)

Il 2024, che stiamo per lasciarci alle spalle, è stato l’anno dei conflitti, in cui si sono aggravate le crisi già esistenti e se ne sono aperte di nuove, restituendoci un mondo frammentato e inquieto. (La Stampa)

Come bisogna muoversi nel percorso delle vicende mondiali fra sogno e realtà? Si tratta di due circostanze inevitabilmente agli antipodi oppure la realtà, per darsi una proiezione nel futuro, ha un disperato bisogno di nutrirsi del sogno? Sono tante le contraddizioni che il corso della storia a volte apre nel suo processo politico; ad esempio, sarebbe proprio questo il momento in cui i Paesi europei dovrebbero, per sé stessi e per l’intera Comunità internazionale, operare un deciso salto di qualità nella loro integrazione. (La Gazzetta del Mezzogiorno)

Anno nuovo e vecchia Europa tra incognite e speranze

In futuro si guarderà piuttosto al 2024 come un anno in cui l’Europa ha continuato a cedere posizioni nel mondo, minata da nemici interni come gli attuali governi ungherese e slovacco, pressa… (La Stampa)

Con la guerra in Ucraina è finito anche il modello su cui si basava la nostra sicurezza energetica. Cosa ci fa prevedere per il futuro dell’Europa questa consapevolezza condivisa? La prima osservazione è che, nonostante il vantaggio che noi europei avremmo a trovare risposte comuni nel nuovo contesto, questa strategia è limitata dal fatto di non essere una federazione, ma un’unione in cui la maggior parte delle competenze è degli stati sovrani, stati spesso divisi da interessi diversi e in un contesto in cui la «polis» rimane sostanzialmente nazionale. (Corriere della Sera)

Dobbiamo essere pessimisti? Possiamo sperare, invece, in un barlume di luce per questo vecchio continente che oramai sembra non reggere più il passo delle grandi potenze mondiali e non essere più in condizione di governare le continue crisi che caratterizzano le vicende interne degli stati nazionali? E che dire poi della guerra che divampa oltre i confini orientali dell’Unione e dei conflitti che lacerano il vicino Medio Oriente e quel bacino del Mediterraneo che oramai sta diventando sempre più lo scenario di un nuovo “grandegioco” internazionale? Sì, un intrigo di interessi geopolitici e di volontà di potenza che tende sempre più a escludere le nazioni europee da quelloche dovrebbe essere il baricentro dei loro legittimi interessi. (ROMA on line)