De Pasquale e Spadaro condannati per omissione di atti d'ufficio

- Il tribunale di Brescia, presieduto da Roberto Spanò, ha emesso una sentenza di condanna a otto mesi di reclusione, con pena sospesa, nei confronti dei pubblici ministeri milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. I due magistrati sono stati ritenuti colpevoli di rifiuto di atti d'ufficio per non aver depositato prove favorevoli agli imputati nel processo sulla presunta tangente Eni/Shell-Nigeria. Questo processo, che ha visto coinvolti i vertici dell'Eni, tra cui l'amministratore delegato Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni, si è concluso con un'assoluzione collettiva con formula piena "perché il fatto non sussiste".

La sentenza del tribunale di Brescia ha evidenziato come De Pasquale e Spadaro, ora alla Procura europea antifrodi, abbiano volontariamente omesso di presentare elementi che avrebbero potuto favorire la difesa degli imputati. Questa omissione ha avuto un impatto significativo sullo svolgimento del processo, che si è concluso con la rinuncia di impugnazione da parte della Procura generale, la quale ha ritenuto i motivi d'Appello incongrui, insufficienti e fuori dal binario di legalità.

Il caso ha suscitato notevole attenzione mediatica, con alcuni giornali che hanno relegato la notizia a pagine interne, mentre altri hanno dato ampio risalto alla vicenda. Daniele Capezzone, nel suo "Occhio al caffè", ha sottolineato come la notizia della condanna di De Pasquale sia stata trattata in modo diverso dai vari quotidiani, mettendo in luce le diverse sensibilità editoriali.

L'inchiesta Eni/Shell-Nigeria, che ha portato alla condanna dei due magistrati, è stata una delle più complesse e controverse degli ultimi anni.

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