Gisele Pelicot, dal falegname al giornalista al pluri laureato: chi sono i suoi carnefici
Articolo Precedente
Articolo Successivo
Gisele Pelicot, la cui storia ha impressionato tutto il mondo per il coraggio che ha avuto ad affrontare un processo contro suo marito e altre decine di stupratori che l’hanno violentata per anni, non teme di tornare in tribunale se gli imputati ricorreranno in appello. La 72enne acclamata come un’eroina e un’icona femminista per il suo coraggio e la sua dignità nel processo che ha visto condannare il suo ex marito a 20 anni di carcere, oltre alle condanne per altri 51 imputati, non ha più paura ormai. (QUOTIDIANO NAZIONALE)
Ne parlano anche altre testate
Non ha voluto cambiare nome Gisèle. «Ma è anche il nome dei miei nipoti, e io voglio che siano orgogliosi del loro nome, voglio rendere giustizia a questo nome, non lasciarlo nel fango di quello che ha fatto Dominique Pelicot, voglio che siano fieri di essere Pélicot, come Gisèle Pélicot. (ilmessaggero.it)
Emmanuel Macron ringrazia Gisèle Pelicot per la battaglia combattuta a nome di tutte le donne dopo le 51 condanne nel processo per gli stupri subiti. Colpevole anche l'ex marito della donna,... (Virgilio)
«È facile parlare al posto dei g… Fourest non vuole entrare nel merito delle pene inflitte ai complici di Dominique Pelicot. (la Repubblica)
Bisogna sgomberare il campo, che non è morale e neppure giudiziario, per evitare che si immagini una restituzione o, peggio, un apparato giustificatorio per chi l’ha stuprata, con la connivenza del marito che la drogava per offrirne il corpo privo di sensi a chiunque si prenotasse via internet. (il manifesto)
La notizia, di due giorni fa, è la condanna di 50 uomini di età compresa fra i 26 e i 74 anni per le reiterate violenze sessuali inferte, da narcotizzata, a Gisèle Pelicot, nonché la condanna del marito della stessa in quanto regista degli stupri e dello scempio del corpo di sua moglie. (Corriere della Sera)
È stata lei a decidere di uscire dall’anonimato, provocando, nelle sue parole, “uno spostamento della vergogna” dalla vittima allo stupratore. (Nicola Porro)