L’operazione di Orcel frena il terzo polo sul Monte dei Paschi

L’operazione di Orcel frena il terzo polo sul Monte dei Paschi
Articolo Precedente

precedente
Articolo Successivo

successivo
la Repubblica ECONOMIA

Milano — Per il Paese è meglio avere due grandi poli bancari (Intesa Sanpaolo e Unicredit-Banco Bpm-Mps) o tre poli (Intesa, Unicredit e Banco Bpm-Mps)? Intorno a questo dilemma si stanno dividendo in queste ore i sostenitori e i detrattori dell’ultima operazione targata Andrea Orcel, il numero uno di Unicredit che sta giocando la sua partita su due tavoli, uno in Germania con la Commerzbank come… (la Repubblica)

La notizia riportata su altri media

E ora l'offerta pubblica di scambio volontario su Banco Bpm, di cui il principale azionista è la francese Crédit Agricole. (L'HuffPost)

Operazione che arriva in un momento delicato: Unicredit si sta muovendo anche per acquisire il controllo della tedesca Commerzbank e Banco Bpm è a sua volta impegnato con un’offerta pubblica di acquisto sulla società di risparmio gestito Anima holding. (Corriere della Sera)

Un’operazione da oltre dieci miliardi proprio quando si stava tratteggiando un terzo polo bancario che ha come protagonista principale il Banco Bpm nelle vesti di pivot nel capitale di Montepaschi, di cui il ministero del Tesoro ha stabilito la cessione del 15% sul mercato per venire incontro ai desiderata della Ue. (Corriere della Sera)

Misiani: “Il Pd è per il pluralismo, tanti i dubbi sull’operazione. Il governo riferisca alle Camere”

UniCredit ha lanciato un’offerta di scambio di azioni (Ops) con l’obiettivo di prendere il controllo di Banco Bpm, che attualmente è la quarta banca italiana per capitalizzazione dopo Intesa Sanpaolo, la stessa UniCredit e Mediobanca. (Avvenire)

Con quali effetti? Che ha minacciato il golden power. (Milano Finanza)

Roma — «L’offerta pubblica di scambio lanciata da Unicredit su Bpm solleva molti interrogativi. Noi siamo da sempre per il pluralismo del sistema bancario, il duopolio non è certo un assetto ottimale», dice Antonio Misiani, responsabile economico del Pd. (la Repubblica)