Tragedia nel mare Ionio, una giovane vita spezzata

Una tragedia di proporzioni sconvolgenti ha colpito il Mar Ionio. Una ragazza di 16 anni, Maylan Ghader, è stata violentata e uccisa sulla barca a vela con la quale lei e sua madre erano partite in cerca di una nuova vita. La barca è affondata in acque italiane, a circa 100 miglia dalle coste calabresi.

Il naufragio è avvenuto domenica 16 giugno, causando la morte di circa 65 persone che erano partite dalla Turchia. Mojda Omar, la madre di Maylan, ha raccontato l'orrore di quel giorno alla squadra mobile di Reggio Calabria. Ha descritto come un sopravvissuto al naufragio sia salito con le ginocchia sul petto di sua figlia, insultandola mentre lei gridava. Mojda, che ha perso anche il marito nel naufragio, è stata ricoverata all'ospedale di Soverato per una serie di ferite su tutto il corpo.

La tragedia ha scosso la comunità calabrese e la Chiesa locale. I vescovi della Calabria hanno definito l'incidente un "naufragio anonimo e invisibile", unendo la loro voce a quella del vescovo di Locri-Gerace, mons. Francesco Oliva, per denunciare l'anestesia delle coscienze di fronte a questa ennesima sconfitta dell'umano e le misure miopi incapaci di evitare simili tragedie. La morte di 26 persone, tra cui numerosi bambini, è stata confermata. La denuncia di una donna che racconta della figlia violentata e uccisa mentre l'imbarcazione affondava ha aggiunto un ulteriore livello di orrore alla tragedia.

Questa tragedia sottolinea ancora una volta la disperazione di coloro che cercano una nuova vita e i pericoli che devono affrontare nel loro viaggio. La storia di Maylan Ghader è un monito per tutti noi sulla necessità di affrontare la crisi dei migranti con umanità e compassione.

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