Vajont, 61 anni dopo

- Il 9 ottobre 1963, alle 22:39, una massa di 260 milioni di metri cubi di montagna si staccò dal Monte Toc e precipitò nel bacino artificiale del Vajont, generando un'onda d'acqua alta 200 metri che scavalcò la diga e si abbatté sui paesi di Longarone, Erto e Casso. Il boato sordo che accompagnò il disastro fu seguito da una valanga di fango e detriti che travolse gli abitanti della valle, trascinandoli per decine di chilometri. Il bilancio fu catastrofico: circa 1.917 vittime, tra cui 487 bambini e ragazzi.

Oggi, a 61 anni di distanza, il disastro del Vajont rimane una ferita aperta nella memoria collettiva italiana. La tragedia, che poteva essere evitata, è ricordata con una cerimonia alla chiesetta della diga, dove le istituzioni locali depongono corone in memoria dei caduti. Un anno fa, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, visitò i luoghi della tragedia, lanciando un messaggio chiaro sulle responsabilità dell'uomo e le prevaricazioni sulla natura.

In occasione del 61esimo anniversario, Roberto Padrin, presidente della Provincia di Belluno e sindaco di Longarone, ha annunciato che la documentazione del processo dell'Aquila, digitalizzata per iniziativa della Fondazione, è ora a disposizione del pubblico presso l'Archivio di Stato a Belluno. Questo gesto simbolico rappresenta un passo importante per mantenere viva la memoria e garantire che le lezioni apprese da questa tragedia non vengano dimenticate.

Il disastro del Vajont, con il suo carico di dolore e distruzione, continua a essere un monito per le generazioni future, affinché si presti maggiore attenzione alla sicurezza e alla sostenibilità delle opere umane.

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