La mina Tajani nel mare di Fdi

- Il nuovo fronte aperto da Forza Italia, che rimanda direttamente ad Arcore, ha avuto un'eco fortissima sulle dinamiche della Pisana. Dopo il mezzo flop del 2023, Giorgia Meloni ci aveva riprovato ad agosto di quest’anno, cambiando format e appaltatore al Mef: via Giancarlo Giorgetti, dentro Maurizio Leo. Un vice di sua fiducia al posto di un titolare di suo gradimento. Il 2023 era stato l’anno in cui la tassa sugli extraprofitti delle banche aveva tenuto banco giusto il tempo per "smosciarsi".

Ma chi esattamente colpisce il prelievo aggiuntivo? Di chi sono le grandi banche, che fanno così antipatia? Non certo dei top manager che, extra o non extra, i loro stipendi milionari li portano a casa comunque. Due su due. Nessuna tassa extra sulle banche neanche quest'anno. Prende tre possibili strade il "contributo di solidarietà" auspicato dal governo e richiesto alle banche. E in nessuna di queste ipotesi si parla di tasse o imposte.

Agire d'imperio era già stato tolto da subito dalle ipotesi sul tavolo, anche perché benché gradita in alcuni settori della maggioranza, l'idea di stuzzicare e andare a recuperare soldi dalle banche non ha trovato terreno fertile. Nell’agosto dello scorso anno sui mercati si originò una tempesta in un bicchier d’acqua. Il governo di Giorgia Meloni varò una cosiddetta "tassa sugli extra-profitti delle banche" per trovare almeno 2-3 miliardi di euro in vista della manovra di bilancio per il 2024. Le critiche dagli istituti furono così forti, sposate nella maggioranza da Forza Italia, da spingere il Ministero dell’Economia a mutare la stangata sia nell’entità che nella tipologia.

La discussione sulla tassa sugli extraprofitti delle banche ha dimostrato quanto sia complesso trovare un equilibrio tra le esigenze di bilancio dello Stato e le pressioni dei grandi istituti finanziari.

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