Ebadi: stop ai fondi iraniani per Hezbollah

- Scorre l’ora più buia per l’Iran, dove Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace, non torna dal 2009. La sua gente è stanca, dice al telefono dall’esilio itinerante: stanca che il governo sostenga economicamente Hezbollah anziché costruire ospedali e frenare l’inflazione, stanca che prenda ordini da Mosca e che massacri ogni giorno le coraggiose donne senza hijab. Stanca, ma fiera: «Gli iraniani sono un popolo fiero», afferma Ebadi, «e non si piegheranno facilmente».

Nel frattempo, l’ayatollah Ali Khamenei, durante un sermone davanti a migliaia di fedeli riuniti a Teheran, ha mostrato un fucile accanto alla sedia, simbolo di bellicosità che amplifica l’unicità della decisione di guidare una preghiera. L’ultima volta che la Guida Suprema aveva mostrato un’arma in pubblico risale al 2019, durante la festa della rottura del digiuno di Ramadan. Khamenei ha pregato per Nasrallah, mentre molti iraniani temono una rappresaglia israeliana imminente.

La Moschea di Mosalla a Teheran è stata riempita dai sostenitori della Repubblica Islamica in occasione della preghiera del venerdì, dedicata al segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e al leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, uccisi dagli israeliani. Una gigantesca bandiera palestinese sventolava al centro della folla, e in prima fila erano presenti alti ufficiali militari, religiosi e politici, come dimostrazione di unità e potere, dopo che l’Iran ha lanciato martedì un massiccio bombardamento di circa 200 missili balistici contro Israele.

Khamenei, armato, ha dichiarato: «Il 7 ottobre è stato un atto legittimo, così come legittima è la nostra risposta contro Israele». Il discorso, breve e bellicoso, ha sottolineato la determinazione dell’Iran a continuare la sua lotta contro quella che definisce "Palestina occupata".

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