Strage di Nuoro, il racconto del figlio sopravvissuto

- La tragedia che ha sconvolto la città di Nuoro ha lasciato dietro di sé una scia di dolore e incredulità. Nella mattina di mercoledì, alle 7, Roberto Gleboni, operaio forestale di 52 anni, ha impugnato una pistola semiautomatica calibro 7.65 e ha compiuto un massacro all'interno del proprio appartamento in via Ichnusa. Le vittime, colpite alla testa con modalità che ricordano un'esecuzione, sono la moglie Giuseppina Massetti, di 43 anni, i figli Martina e Francesco, rispettivamente di 24 e 10 anni, e il vicino di casa Paolo Sanna, 69 anni, incontrato per caso sul pianerottolo.

Il figlio quattordicenne, unico sopravvissuto e testimone oculare della strage, ha raccontato con voce flebile e visibilmente segnato dalle ferite, di essersi svegliato tra urla e spari. La sera precedente, la famiglia era tranquilla, senza alcun segnale di ciò che sarebbe accaduto poche ore dopo. Il ragazzo, operato alla mandibola per l'estrazione di alcune schegge, è stato interrogato in ospedale dagli inquirenti, alla presenza di uno psicologo e del tutore legale nominato dalla Procura, Antonio Cualbu.

La psichiatra Alessandra Nivoli, direttrice della clinica psichiatrica dell'università di Sassari e responsabile dell'unità di Vittimologia, trauma e prevenzione della violenza, ha dichiarato che dietro la strage di via Ichnusa si cela un caso annoso di violenza psicologica familiare. Le indagini, infatti, stanno scavando nel passato della famiglia, cercando di comprendere le dinamiche che hanno portato a questo gesto estremo. Tra i fattori emersi, la malattia di Giusi e i problemi economici sembrano aver giocato un ruolo significativo.

La comunità di Nuoro è sotto shock, cercando di elaborare quanto accaduto e di sostenere il giovane sopravvissuto, unico testimone di una tragedia che ha spezzato quattro vite e lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva.

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